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La "Famiglia Addams" trova smalto e ritmo per far ridere da morire

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Da oggi al Nuovo una rilettura del musical più agile rispetto alla messinscena del 2014

Li vedi insieme e non sai se ridere o fare gli scongiuri. Vestiti rigorosamente di nero, pallidi cadaverici, allergici al sorriso. Eppure, sono una famiglia. Unita, anzi unitissima, e questa è la morale di una storia che ci dice che, a dispetto delle apparenze, siamo tutti uguali. La Famiglia Addams, folle comunità e spettacolo in chiave musical è al Teatro Nuovo da stasera al 25 (ore 20.45, domenica ore 15.30, ingresso 59,50-39,50). Adattato dall'originale di Broadway scritto da Marshall Brickham e Rick Elice (gli stessi di Jersey Boys) su musiche di Andrew Lippa, questo musical natoin tv e intriso di macabro, ironia e brani orecchiabili ha già conquistato i palcoscenici nel 2014, in un'altra produzione con Elio e Geppi Cucciari protagonisti nei ruoli dei genitori Gomez e Morticia Addams. Oggi con Gabriele Cirilli nel ruolo di Gomez e un cast in larga parte mutuato da Spamalot, La Famiglia Addams torna sulle scene in veste rinnovata.

Il regista Claudio Insegno sottolinea le differenze: «È una riscrittura che tiene conto dei difetti dell'originale di Broadway e di quelli che, personalmente, vedevo nella versione italiana precedente: erano show molto ricchi, nelle scenografie e nei costumi. In quell'attenzione alla forma risiedeva il punto di forza di uno show che, però, arrancava nel ritmo, con un secondo tempo ingessato. Noi volevamo un testo divertente, così ho diminuito i monologhi che spezzano il ritmo, per ogni battuta originale ne ho aggiunte altre cinque. E ho aggiunto rumori, tolto una canzone che ripeteva una situazione e ho accorciato la durata, mantenendolo nelle due ore con intervallo».

Un lavoro di limatura nel quale Gabriele Cirilli si è calato con entusiasmo: «Dagli esordi non mi cimentavo con qualcosa di simile. È il mio primo vero musical in stile Broadway». A differenza del primo Gomez italiano (Elio è notoriamente allergico al ballo) Cirilli si cimenterà con qualche passo di danza: «Canto e ballo, in questo mi aiuta un cast di perfomer che è il vero protagonista». Nel ruolo della sensuale e algida Morticia spicca Jacqueline Maria Ferry, in quelli della giovane Mercoledì figura Lucia Blanco, mentre Filippo Musegna (reduce dalla prima versione de La Famiglia Addams) è il tetro maggiordomo Lurch. Le scenografie portano la firma di Max Merenda, le coreografie di Valeriano Longoni e la direzione musicale (ma la musica non è dal vivo) è di Angelo Racz: si tratta del rodatissimo team tecnico che con Claudio Insegno ha dato ottima prova di sé in musical come Jersey Boys e Spamalot.


Il dolce viaggio nel Lodigiano Storie, torte e ravioli "d'oro"

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Verso l'Emilia c'è anche un paradiso del formaggio Per i biscotti di Codogno si fa la fila dall'Ottocento

«Aveva un bavero color zafferano / e la marsina color ciclamino / veniva a piedi da Lodi a Milano / per incontrare la bella Gigogin». Sanremo, 1954, il Quartetto Cetra non vince ma la canzone su un amore finito tragicamente rimane sulle labbra di tutti. Descriveva un'Italia di provincia che andiamo a cercare con il percorso inverso, da Milano a Lodi. Antico villaggio dei Celti Boi, Laus Pompeia per i romani in onore del console Gneo Pompeo Strabone, distrutta dai milanesi dopo lungo assedio nel 1.111, rifondata il 2 agosto del 1158 da Federico I il Barbarossa, non nella sede originaria, dove ora sorge Lodi Vecchio, ma più in là, sulle rive dell'Adda.

Dunque la prima sosta è proprio a Lodi Vecchio alla pasticceria Mazzucchi che dal 1985, anno di apertura, propone la «tortionata»; parente della sbrisolona (da cui si distacca per l'assenza di farina gialla), è una torta friabile alla mandorla tipica di Lodi. Sull'utilizzo del nome c'è stata una lunghissima battaglia legale. Da provare anche la torta Sabbiosa, la piccola pasticceria e le praline.

Entriamo a Lodi. Piazza Vittoria, bellissima, perfettamente quadrata, con i suoi portici e i suoi dehors, contende a quella di Vigevano il titolo di piazza più bella della Lombardia. Il busto di Federico Barbarossa ci osserva dal muro della cattedrale. Qui l'Imperatore non era un nemico. Oltre alla cattedrale, e alla Chiesa romanica di San Francesco, dove è sepolta la poetessa Ada Negri, con i suoi bellissimi affreschi della prima metà del 300, tappa imprescindibile è il Tempio Civico costruito sul luogo dove, verso la fine del XV secolo, esisteva un bordello. Sulla facciata era affrescata un'immagine della Madonna che assisteva a risse, duelli, litigi. Un giorno di settembre del 1487 la Vergine lacrimò, invitando i presenti a edificare un tempio a lei dedicato. Incaricato della progettazione Giovanni Battaggio, allievo del Bramante che poi litigò con i committenti. L'aria in zona, contrada de' Lomellini, oggi via dell'Incoronata, dava evidentemente alla testa. All'interno splendidi affreschi (Giovanni e Matteo Della Chiesa, Antonio da Fossano detto il Bergognone, i Piazza) e altri tesori.

Tra una visita e l'altra, scorta di pasta fresca al Raviolo d'oro: tutti i tipi di ravioli, da quelli classici di magro a quelli con le verdure di stagione. E poi gnocchi di patate, panzerotti lasagne, sughi freschi, torte salate. A proposito di ravioli, al ristorante La Coldana ecco quelli di baccalà e piccole verdure. O un piatto unico: risotto allo zafferano con ossobuco cremato. Scendiamo verso Sud, tra campi, rogge e pioppeti. La Quinta, alla Cascina Sesmones, a Cornegliano Laudense era un importante ristorante di Lodi. Ha cambiato residenza mantenendo sempre costante attenzione all'equilibrio dei sapori e alla qualità dei prodotti: tartare di manzo selezione Cazzamali al naturale e midollo di vitello; risotto alla raspadura, creste di gallo e rognoncini. A Brembio l'osteria del Gallo imbandisce una cucina di mare e di terra, solida e diretta: salumi, risotto con radicchio e scamorza, tagliata di petto d'anatra alle erbe.

Dall'altra parte della A1, c'è la splendida Villa Litta-Carini, residenza d'epoca di metà XVII secolo realizzata dall'architetto Giovanni Ruggeri. Tra i suoi frequentatori Re Umberto I e Giacomo Puccini, belli gli affreschi attribuiti al Maggi. È visitabile e ospita feste e banchetti.

Ancora due tappe, verso il confine tra Lombardia ed Emilia. A Casalpusterlengo, dal 1880, il Caseificio Angelo Croce è il paradiso di chi vivrebbe solo di formaggio: gorgonzola panna verde o «malghese» (erborinato), taleggio, pannerone, stracchino.

Chiudiamo il tour in dolcezza, come l'abbiamo cominciato, alla pasticceria Cornali di Codogno dove Angelo Cornali, nella seconda metà dell'Ottocento aprì un caffè-pasticceria la cui fama superò i confini della città. Venivano da fuori per l'ambiente e per le dolcezze a cominciare dai pluripremiati Biscotti di Codogno, il cui segreto, oltre al burro e al tocco esotico del cocco, risiede nella maestria del pasticcere, tramandata di generazione in generazione. Golosi anche i Calissoni, frollini senza uova, la torta San Biagio e la cotognata. E adesso, tornare a Milano a piedi farebbe bene anche a noi, viaggiatori golosi.

Gimondi e Cadel Evans "tirano" la volata alla pedalata del Don

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La gara raccoglie fondi per Cascina Guanella la comunità che dà lavoro a ragazzi difficili

E due. La seconda edizione della Granfondo ciclistica dell'Opera Don Guanella, l'unica con finalità benefica che raccoglie fondi per la comunità di accoglienza e lavoro, prende corpo. Prima con una cena benefica che la prossima settima vedrà come ospite a Valmadrera nella Cascina Don Guanella Felice Gimondi, un pezzo della nostra storia del ciclismo e poi con la gara vera e propria che si correrà il 27 maggio.

«Lo scorso otto ottobre al via da piazza Garibaldi a Lecco si presentarono in 1.200 e decretarono il successo della prima edizione...» spiega Don Agostino il sacerdote che gestisce la comunità e che al ciclismo da del tu macinando, e facendo macinare ai suoi ragazzi, migliaia di chilometri ogni anno. «Quest'anno rinnoviamo l'appuntamento- continua il Don- e le premesse per un'altra giornata destinata ad un gran numero di appassionati del pedale ci sono tutte. L'obbiettivo è raggiungere i 2.000 partecipanti e non mancheranno le novità». Organizzata nel segno dello sport e della solidarietà e a favore del progetto di agricoltura sociale «Cascina don Guanella» la Granfondo è una pedalata di oltre 120 chilometri sulle strade classiche del Giro di Lombardia, da Lecco a Valmadrera con arrivo proprio nella piazzetta della cascina che dà lavoro ad un gruppo di ragazzi difficili che qui trovano famiglia e riscatto. Una festa di sport, di passione, di solidarietà che lo scorso anno ha visto al via oltre al campione australiano Cadel Evans, un Tour e un mondiale in bacheca ma soprattutto grande amico della Comunità Don Guanella, anche altri campioni del pedale e l'assessore allo sport della Regione Lombardia Antonio Rossi. Sport e solidarietà a favore del progetto di agricoltura sociale «Cascina don Guanella» un piccolo miracolo che ha trasformato un pezzo di collina abbandonata e «mangiata» da arbusti e sterpaglie in una piantagione con 370 piante di ulivi che è stata terrazzata con muri in pietra dove ora si può coltivare, che è stata bonificata, recintata e resa autonoma con un impianto di irrigazione costruito con tre enormi cisterne e che ora garantisce l'acqua dove non c'è mai stata. Sembra un segno della Provvidenza ma dietro a tutto ciò c'è la passione, c'è un lavoro enorme garantito dai ragazzi della comunità ma non solo da loro perchè qui tutti danno una mano: volontari, artigiani pensionati che regalano il loro mestiere, amici ciclisti che giù dalla sella si rimboccano le maniche. E capitani di industria come Giorgio Squinzi che da sempre mette a disposizioni tutti i materiali da costruzione che servono. La Granfondo serve a raccogliere fondi per continuare a far crescere un progetto che oggi produzione agricola ma anche una birreria e un ristoro. A tenere ufficialmente a battesimo la seconda edizione della Granfondo sarà una cena benefica che si terrà venerdì 23 marzo a Casa don Guanella di Lecco, in via Amendola, con Felice Gimondi, vincitore di tutti e tre i grandi Giri (tre Giri d'Italia, un Tour de France e una Vuelta di Spagna) e campione del mondo su strada nel 1973. Nell'occasione verranno svelati i percorsi della gara che quest'anno saranno due.

Nuoto, Scozzoli guida gli azzurri nel Città di Milano

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Il Trofeo è un «assoluto» anticipato. Il ranista: «È un ottimo test prima dei campionati Italiani»

Lo spettacolo del nuoto sbarca a Milano: per due giorni, oggi e domani, il grande nuoto nazionale ed internazionale farà tappa nella Piscina Samuele di via Trani 1, via Mecenate (mentre la domenica sarà dedicata ai nuotatori più piccoli).

Torna, infatti, il Trofeo Città di Milano che festeggia il suo ottavo anno di vita. Tanti i campioni a cinque cerchi al via nella piscina meneghina come i medagliati olimpionici Chad Le Clos e Charlotte Bonnet, oltre ai fuoriclasse azzurri Fabio Scozzoli, Marco Orsi e Luca Dotto. In particolare Fabio Scozzoli, reduce dall'oro agli Europei in vasca corta nei 50 metri rana di Copenaghen (Danimarca), cerca conferme: «Il Trofeo Città di Milano è una sorta di 'assoluto anticipato', un ottimo test per valutare la forma in vista dei campionati italiani di aprile. Scozzoli continua "il livello tecnico e la partecipazione di campioni stranieri è un ottimo stimolo, inoltre la rana azzurra, in questo periodo, gode di ottima salute. Non vedo l'ora di entrare in acqua, ho visto che i record della manifestazione nella rana mi appartengono e il mio obiettivo è migliorarli».

I numeri sono senza precedenti: oltre 1200 atleti partecipanti per quasi 2.800 presenze gare. Gli appassionati meneghini potranno ammirare la nazionale italiana, ma anche tanti atleti stranieri: a Mecenate ci sarà la delegazione di un gruppo francese, la nazionale della Repubblica Ceca, ma anche fuoriclasse del calibro di Benjamin Proud e Mykhajlo Romanchuk, rivelazioni agli ultimi Mondiali di Budapest in vasca lunga rispettivamente nei 50 delfino (oro) e 1500 stile libero (argento). Grandi assenti di quest'anno, invece, saranno Federica Pellegrini e Gregorio Paltrineri. La prima, detentrice del record del mondo sui 200 stile libero e oro sulla distanza alle Olimpiadi di Pechino 2008, è negli Stati Uniti sarà assente per impegni personali. Il secondo, campione olimpico e mondiale in carica sulla distanza dei 1500 sl, sta completando un programma di allenamenti in Australia. Il Trofeo Città di Milano, inoltre, rappresenta un ottimo banco di prova in vista dei campionati Italiani Assoluti di aprile, occasione per qualificarsi ai Campionati Europei in vasca lunga di Glasgow di agosto. Infine l'ottava edizione della kermesse milanese sarà anche la prima senza l'ex bicampione del mondo dei 100 stile libero Filippo Magnini, perchè a dicembre dopo gli Assoluti ha lasciato l'attività agonistica.

"La mia anima femminile è la mia forza a San Vittore"

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La comandante delle guardie penitenziarie: «Il Papa mi ha detto che noi donne abbiamo una marcia in più»

«In dieci anni che faccio il comandante qui non è mai successo che un detenuto mi mancasse di rispetto. Hanno capito tutti la mia disponibilità e hanno deciso di affidarsi. La persona che soffre riconosce l'umanità e la sensibilità, non guarda al sesso del suo interlocutore».

Manuela Federico, calabrese di Reggio Calabria, 44 anni, dal 2007 è comandante della polizia penitenziaria e del carcere di San Vittore. Prima donna a ricoprire questo ruolo nel penitenziario milanese, originaria di Reggio Calabria, figlia di un ingegnere e di una professoressa di liceo, Manuela ha frequentato l'Università Cattolica a Milano e si è laureata in giurisprudenza. Sposata con un civilista, pratica da avvocato in un prestigioso studio cittadino, proprio quando aveva tutte le stimmate per diventare una tranquilla professionista e poi mamma borghese (ha una figlia di 4 anni, Sara), la signora ha avuto una sorta di «svolta rock», che ha lasciato a dir poco attonita la sua famiglia e l'ha portata poi fino ai vertici di piazza Filangieri.

Che cos'è successo? Nessuno dei suoi parenti è nelle forze dell'ordine o appartiene all'amministrazione penitenziaria...

«Dopo aver sostenuto l'esame da avvocato ho frequentato un master in diritto penale e sistemi penitenziari. In quell'occasione ho saputo che per la prima volta era uscito un concorso che istituiva il ruolo direttivo della polizia penitenziaria».

Ma che cosa l'ha affascinata di questo lavoro per molti ritenuto durissimo, anche per un uomo?

«Da una parte il pensiero di ricoprire un ruolo istituzionale, di fare qualcosa rappresentando lo Stato; dall'altra quello di lavorare in un contesto difficile, stando a contatto con il disagio, con la possibilità di esprimere la mia sensibilità. All'epoca non immaginavo certo di fare il comandante di una casa circondariale, ma già quando ero ancora una studentessa della Cattolica, mi capitava spesso di passare davanti a San Vittore ed ero sempre affascinata da una realtà così complessa».

Il disagio... Voleva mettersi alla prova come professionista e come essere umano? C'è riuscita, visto che da dodici anni ha il comando di circa 600 unità (550 uomini e 100 donne) ed è anche comandante dei detenuti, un migliaio in tutto.

«Sia con il personale che con i detenuti, pur non transigendo sul lei, posso esprimere la mia personalità, contribuendo alla sicurezza non solo interna ma anche esterna e favorendo percorsi di rieducazione e socializzazione nei quali io credo molto. Papa Francesco, quando è venuto in visita a San Vittore un anno fa, mi ha fatto i complimenti. Pensi: mille detenuti fuori dalle celle davanti a lui e io in mezzo a loro con me accanto... Il Pontefice mi ha confessato che per lui noi donne in questa professione abbiamo una marcia in più rispetto agli uomini. Credo volesse dire che riusciamo a coniugare sensibilità e concretezza».

Qui a San Vittore però, prima di lei, il comandante della polizia penitenziaria è sempre stato un uomo...

«C'erano operatrici ed educatrici ma il comandante era sempre stato un uomo, in un ambiente maschile e maschilista. In generale, nelle carceri c'è sempre stata una tradizione di uomini comandanti con i capelli corti. Si sa, un uomo al comando tende a far sentire peso e centralità, spesso dando molto spazio al proprio individualismo. La donna invece è più disposta a coinvolgere il contesto, a valorizzare, ed è avvolgente anche nell'approccio, compreso quello strategico. Posso dirlo? Secondo me una donna in quest'ottica si rivela più generosa».

In un simile ambiente non saranno state proprio tutte rose e fiori, soprattutto all'inizio.

«Dopo un anno da vicecomandante, il mio superiore è stato promosso e mi sono trovata a doverlo sostituire senza esperienza. Mi ero arruolata nel 2005 e sono diventata comandante nel 2007. L'essere donna, però, mi ha aiutata moltissimo, la componente femminile è stata ed è la mia forza. Prima con Gloria Manzelli, l'ex direttrice, con la quale ci siamo subito comprese e stimate a vicenda, ma anche ora con Giacinto Siciliano, un direttore veramente intelligente, una persona speciale. Mi sono resa conto subito del contesto nel quale avrei dovuto muovermi e, lo ammetto, con il personale all'inizio non è stato facile, così pensavo che anche con i detenuti avrei avuto problemi. E invece no».

Ci racconti.

«San Vittore è una casa circondariale, il che significa che abbiamo un turn over elevatissimo, persone molto diverse tra loro, che stanno qui anche una notte sola. Le criticità di questo posto sono moltissime, lavoriamo sempre in emergenza, le risorse economiche non ci sono, quelle umane scarseggiano e se pensa che un terzo dei nostri detenuti è tossicodipendente e molti altri hanno disturbi psichiatrici può comprendere cosa significhi lavorare qui. Inoltre siamo un carcere con il 65% di extracomunitari, detenuti che provengono da culture per le quali la donna rappresenta poco e nulla. Però questo è un luogo dove si soffre. E chi soffre cerca comprensione, senza alcun tipo di discriminazione. I detenuti mi hanno legittimato anche con il personale che ha potuto vedere come chi era in cella si affidasse a me e come io fossi lì, insieme a tutti loro, a combattere. Sanno che la mia porta è sempre aperta. Ora la situazione si è normalizzata, ma ho assistito a detenuti che salivano sul tetto di San Vittore, che si tagliavano, ingerivano lamette, forchette, pile...».

E lei?

«Non faccio l'eroina, ma ho deciso di fare il comandante da donna esprimendo la mia femminilità, il mio modo di essere. Ricordo un giorno, aspettavo mia figlia Sara, avevo attorno una decina di agenti pronti a intervenire perché un detenuto si trovava in un grosso stato di agitazione e stava distruggendo il pronto soccorso di San Vittore, impugnava una lametta che teneva appoggiata al collo minacciando di farsi del male. Mi sono avvicinata e gli ho detto: Stai tranquillo, mettiamo tutto a posto, non sei tra nemici. L'uomo ha restituito le lamette e si è affidato a noi».

Darsena, l'ira del mercato: "Ignorati"

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I 50 operatori accusano il Comune di non aver rispettato gli impegni

Hanno subito un calo de gli affari del 50 per cento, non hanno visto rispettati gli impegni presi dell'amministrazione, si sono trovati a pagare il doppio delle spese, nonostante le ampie possibilità di risparmio, si sono dovuti accollare la bolletta dell'acqua di un bar fallito. A quattro anni dall'inaugurazione non hanno ancora un'insegna del mercato, nonostante si fossero offerti di pagarla. Come se non bastasse ora li attende la spada di Damocle del rinnovo del contratto di affitto, della durata di soli sei mesi. Il rischio? La decisione della giunta di mettere a bando i 23 mercati comunali coperti.

Siamo al mercato della Darsena, fiore all'occhiello della giunta Pisapia che riqualificò l'ex porto di Milano (con i soldi dell'Expo), piazza XXIV maggio e rifece il mercato sotto una «teca» di ferro e vetro. Nonostante la nuova veste i problemi non sono mancati e soprattutto gli affari «sono calati del 50 per cento» lamenta un consigliere. «Dopo 4 anni ancora non è stato messo un semaforo o un attraversamento pedonale su viale D'Annunzio, nonostante l'avessimo chiesto all'inaugurazione. Gli anziani per arrivare da via Panteri devono fare un giro lunghissimo attraversando all'altezza di Porta Ticinese, per poi farsi il tratto a piedi fino alla Darsena. Così il ponte che doveva attraversare lo specchio d'acqua, non è mai stato fatto». In sostanza gli operatori lamentano di essere isolati. Manca anche un parcheggio, per permettere a chi fa la spesa, soprattutto i clienti meno giovani, di non doversi caricare borse e sacchetti sui mezzi. «Da Palazzo Marino ci hanno assicurato che entro giugno saranno messo un semaforo e parcheggi a rotazione su viale D'Annunzio, aspettiamo» spiega il fiduciario.

Sul fronte economico i cinquanta operatori lamentano il fatto che «i pannelli solari, installati sul tetto, non sono ancora stati attivati per problemi burocratici. Ci avevano spiegato che avremmo risparmiato la metà delle spese di luce e riscaldamento, ma fino abbiamo pagato tariffa piena».

Ecco allora che il Comune, a fronte del «progressivo degrado delle strutture» e del «calo di interesse della collettività verso i mercati», rilevato che i «costi di adeguamento sono decisamente superiori al valore medio annuo che il Comune di Milano è in grado di impegnare per la manutenzione straordinaria» e che non rendono in termini di affitti a sufficienza, spunta a creare «un nuovo modello di mercato» scrive la giunta il 29 dicembre 2017 nella delibera Linee di indirizzo per il miglioramento dei mercati comunali coperti che non gravi sull'amministrazione e attragga più visitatori. Tradotto: il Comune metterà a bando tutti gli spazi dei mercati coperti per un unico gestore, anche di natura consortile. Il timore è che il nuovo gestore possa aumentare gli affitti, per esempio, costringendo molti operatori a chiudere, o si prenda tutti gli spazi. Polemico il consigliere Fabrizio de Pasquale (Fi): «La Giunta persegue la fine del piccolo commercio in favore della grande distribuzione. È ingiusto che operatori che hanno contribuito agli investimenti e alla rinascita del Mercato siano costretti a competere con grandi operatori che alla fine insedieranno locali per la movida».

"Io venditore di mimose cacciato dal racket "Qui non puoi stare"

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Il nostro cronista prova a vendere mazzetti per la Festa della donna: banchetto distrutto

La giornata da «mimosaro» autonomo dell'8 Marzo va pianificata un giorno prima. Meta iniziale per l'approvigionamento all'ingrosso della materia prima: il Mercato floricolo in via Lombroso, dove l'atmosfera nonostante i colori e i profumi resta sempre un po' tetra. Ma non siamo qui per una party, dobbiamo solo comprare una maxi-confezione di mimose che poi spacchetteremo e confezioneremo per la vendita nella «Giornata internazionale della donna».

Di buon mattino piazziamo in zona Loreto la nostra bancarella improvvisata (due scatoloni come base, un cartone in orizzontale come piano d'appoggio e una coperta bianca per coprire il tutto). Dalla maxi-confezione acquistata il giorno prima (25 euro, più 5 euro di carta lucida color blu) ricaviamo circa trenta mazzettini di mimose che decidiamo di vendere a 2 euro l'uno: cioè un euro in meno rispetto alla concorrenza che in un'area di poche decine di metri conta ben altri 10 «colleghi» fioristi; inoltre semafori e incroci sono presidiati da altrettanti ambulanti appiedati che offrono questo fiore brutto e puzzolente, facendo toc toc sul finestrino delle auto.

Durante la prima mezz'ora di lavoro riusciamo a smerciare cinque mazzetti, incassando 10 euro; siamo quasi rientrati nelle spese, e forse tra un po' arriverà il vero guadagno. Ma alle 9.30 in punto, invece del guadagno, si materializza un individuo dall'aspetto che ricorda Sandrino il mazzolatore di Eccezzziunale Veramente e con un accento che richiama il fornaio Cecco (Diego Abatantuono) in Fantozzi contro tutti: «Via da qui, Loreto è territorio nostro». Lui è un pugliese (almeno così ci confida un «collega» bengalese): «Le mimose ce le dà lui e a fine giornata dividiamo l'incasso. Due euro a lui e un euro resta a noi».

Questo per quanto riguarda la confezione base, ma ci sono anche le versioni lusso che prevedono all'interno del mazzetto anche una rosa e una violetta: in questo caso il prezzo sale a 5 euro. Infine c'è il bouquet extra-lusso (con tanto di orchidea) per chi vuol davvero fare un figurone, in cambio del quale deve però rassegnarsi a sborsare tra i 10 e 15 euro. Va precisato che tutte queste tariffe nel corso della giornata andranno a scalare gradualmente, fino a ridursi a meno della metà in tarda serata. Ma noi a quell'ora non siamo mai arrivati perché il racket delle mimose non consente assolutamente a un «indipendente» come noi di interferire nel business floreale dell'8 Marzo che, già di per sé è una festa intollerabile, ma che lo diventa ancora di più se pensiamo che gli euro tirati fuori per comprare lo schifoso mazzetto finiscono con il foraggiare l'organizzazione criminale che ha ad esempio nel Giano bifronte Cecco-Sandrino il mazzolatore un suo degno rappresentante. Gente violenta che nel nostro caso non si è fatto scrupolo di minacciare e scaraventare per terra quel poco che restava dei nostri mazzetti.

Non ci resta che riparare nel mezzanino della metropolitana. Qui la vendita prosegue in modo più tranquillo. La gente è di buon umore: ha appena scoperto che, almeno di mattina, la MM funziona regolarmente. Alla faccia dello sciopero. E, un po', anche alla faccia della Festa della donna.

"Travolti da un risultato che ha premiato la pancia"

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Il presidente del consiglio regionale: «Fontana potrà riconoscere anche noi per una coalizione più stabile»

Raffaele Cattaneo, presidente del consiglio regionale, in aula dal 2005, che cosa ha provato a non essere stato rieletto?

«Molta sorpresa, perché mi aspettavo più voti al partito. Il risultato complessivo di Noi con l'Italia ha consentito un solo seggio e quel seggio non è stato a Varese, nonostante le percentuali alte del partito. È scattato a Milano, anche se proporzionalmente il partito ha preso meno voti».

Come si spiega i risultati così deludenti del partito?

«Siamo stati travolti da una polarizzazione del voto sulle proposte più radicali e più capaci di intercettare la pancia e le emozioni degli elettori. Questo è il vero fatto emblematico. Sono andati male anche i centristi di sinistra, il Pd e tutto sommato Forza Italia, perché non era certo nelle previsioni che la Lega prendesse il doppio dei consiglieri».

Non negherà che c'è un tema politico che riguarda NcI nel centrodestra.

«Eravamo la componente più fragile, perché nata troppo a ridosso delle elezioni, e non abbiamo avuto il tempo di spiegare a buona parte dell'elettorato che esistevamo. La domenica del voto, dopo la Messa, una mia conoscente si è avvicinata per chiedermi: è meglio se voto Forza Italia o la Lega? Ho risposto: ci siamo anche noi. Non siamo riusciti a far percepire la nostra esistenza».

Di chi è la responsabilità?

«Tutto è stato reso più complicato da una rappresentazione mediatica che ha fatto vedere un centrodestra con tre componenti e non con quattro. Noi con l'Italia, soprattutto in tv, è stato oscurato».

Non rileva un abbandono da parte dell'elettorato cattolico e di Cl?

«Se guardo dove ho preso i voti, direi il contrario. NcI ha preso più voti e io più preferenze dove c'è più radicamento dell'elettorato cattolico e in particolare di Cl. Però è vero che l'elettorato cattolico si è distribuito su tutte le proposte politiche e anche dentro Cl ci sono stati tanti candidati in tanti partiti e schieramenti diversi, con il risultato che mai come questa volta ci sono stati così pochi eletti. Solo uno».

Cl dovrebbe tornare a fare «massa critica»?

«Se per massa critica si intende tornare a un voto dato acriticamente, secondo suggerimenti calati dall'alto, no. Ritengo giusto che sia stato fatto un lavoro per dire: ciascuno scelga quel che ritiene meglio per il bene comune. Però il percorso per un voto consapevole non dovrebbe produrre una diaspora ma un'unità più profonda. Non è andata così».

La Lega rivendica la Sanità ma anche Forza Italia chiede di gestire la riforma.

«La Lega è nelle condizioni politiche di rivendicare quel che vuole ma è altrettanto legittimo che Forza Italia chieda l'assessorato alla Sanità. Si scelga l'uomo migliore. Credo però che chi nella maggioranza rappresenta la componente più forte, come in passato è stato per il Pdl, deve avere più saggezza e più equilibrio e deve caricarsi sulle spalle la responsabilità di tenere unita la coalizione. Per questo penso che Fontana potrà riconoscere la presenza in giunta anche di chi ha avuto un risultato inferiore. Per governare cinque anni abbiamo bisogno di una maggioranza stabile, in un momento in cui la politica è molto volubile».

Si parla di lei o di Mauro Parolini in giunta.

«Nell'incontro di ieri con Fontana la delegazione di Noi con l'Italia ha portato la richiesta politica di avere una rappresentanza nel governo regionale, come componente della coalizione non da oggi ma da sempre».

Quale impegno ritiene più adatto alle caratteristiche di NcI?

«La decisione attiene alle competenze del presidente, in accordo con la coalizione. Non vogliamo essere ghettizzati in un settore perché abbiamo dimostrato di saperci occupare di tante cose diverse. I temi su cui abbiamo più sensibilità sono famiglia, educazione, imprese e infrastrutture. Non è una novità di oggi».


Expo, il pg insiste: "Sala sia processato"

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Il sindaco: «Vado avanti fiducioso». La difesa: accuse fuori dalla realtà

Milano Giuseppe Sala deve andare a processo per la vicenda del verde di Expo: lo hanno ribadito nell'udienza preliminare di ieri i sostituti procuratori generali Vincenzo Calia e Massimo Gaballo che sostengono l'accusa contro l'ex ad di Expo 2015 spa. Il sindaco risponde di abuso d'ufficio: nel 2013 avrebbe violato il Codice degli appalti nell'affidare senza gara la commessa per la fornitura di 6mila alberi alla Mantovani. «Mi pare scontato - reagisce Sala - non avrebbero potuto fare in modo diverso. Io vado avanti fiducioso».

La richiesta di rinvio a giudizio nel procedimento sulla Piastra di Expo è stata avanzata anche per gli altri sette imputati, tra cui due società, accusati a vario titolo di corruzione e turbativa d'asta. Sala, difeso dagli avvocati Salvatore Scuto e Stefano Nespor, è già a processo per l'accusa di falso sempre in relazione agli appalti Expo. Per l'abuso d'ufficio risponde con lui davanti al gup Giovanna Campanile anche l'ex manager della società Angelo Paris. Durante l'udienza a porte chiuse, da quanto si è saputo, i sostituti pg si sono molto soffermati sulla posizione del primo cittadino e sull'«ingiusto vantaggio patrimoniale» che insieme a Paris avrebbe procurato alla Mantovani. Nel proprio intervento i difensori hanno chiesto che il sindaco venga invece prosciolto già in udienza preliminare perché, ha detto Scuto in aula, l'accusa di abuso d'ufficio «non sussiste». Sala «non ebbe nessuna volontà di favorire la ditta Mantovani, ma solo di perseguire l'interesse pubblico, che era quello di fare Expo». L'avvocato ha continuato: «Oggi, nel 2018, inforcare gli occhiali e dire che nel 2013 non ci fosse un'urgenza (nel procedere ai lavori dell'Esposizione, ndr) è assai fuori dalla realtà, una cosa che non dovrebbe essere nemmeno presa in considerazione». La decisione sul rinvio a giudizio è attesa per il 22 marzo.

Poi la giornata politica del sindaco. In un'intervista a Repubblica ha affermato che «il Pd deve stare all'opposizione e non al governo». Sulla sinistra: «Da sette anni a Milano chi vuole bene alla sinistra ha trovato il collante e sa parlarsi chiaro. In questa tornata elettorale abbiamo mantenuto saldamente la vittoria elettorale in centro e se nelle periferie andiamo peggio è perché per trent'anni non le ha guardate nessuno». Nelle dichiarazioni agli incontri pubblici anche un messaggio e Matteo Renzi: «Credo che le sue dimissioni debbano essere più chiare. Non trovo saggio che debba essere Renzi a governare questo passaggio così delicato. Se ti dimetti, ti dimetti. Lo dico con rispetto». Infine il motivo della sconfitta Pd: «È la scarsa tenuta sul territorio. Credo che la Lega si sia mossa meglio. Sono scioccato dal risultato della Lombardia, avendo noi un ottimo candidato. È evidente che c'è qualcuno che presidia il territorio e qualcuno che non lo presidia più».

Salvini a Forza Italia "Per i posti in giunta contano i voti presi"

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Partito in Regione il risiko degli assessori Salute a Gallera, dentro Cosmi e Sardone

C'è «un governatore in totale autonomia. Se c'è bisogno di qualche consiglio, da lombardo glielo do: però il governatore lavora e ragiona in totale autonomia». Così ieri Matteo Salvini a chi gli chiedeva notizie della prossima giunta regionale, mentre era l'unico politico a distribuire volantini con scritto «Grazie» al mercato di via Calvi da cui a urne chiuse sono spariti tutti i politici che l'affollavano fino alla vigilia. «Gli italiani e i lombardi hanno votato, quindi nella vita come in politica i numeri hanno il loro peso» è stato il messaggio inviato agli alleati del centrodestra che cominciano a presentare il conto.

E visto che si parla di numeri e pure della necessità di garantire metà delle caselle alle donne, appare chiaro che il risiko della giunta si gioca sulle poltrone che ad Attilio Fontana, ma tutto sommato anche a Forza Italia, non dispiacerebbe ridurre a dodici, contro le quattordici dell'era Maroni. I colonnelli sentono di avere un posto sicuro e con meno assessori il loro peso salirebbe. Si aggiunga che, tutto sommato, a Lega e Fi non dispiacerebbe relegare a un semplice sottosegretariato gli ax alfaniani di Noi con l'Italia reduci dal tonfo elettorale e alla sola Viviana Beccalossi (per lei pronta prestigiosa delega all'Agricoltura), la delegazione dei Fratelli d'Italia. Magari pagando la crescita di voti con l'aggiunta di un semplice sottosegretario.

A ore una decisione, dopo che Fontana avrà incontrato la coordinatrice azzurra Maria Stella Gelmini, plenipotenziaria di Berlusconi che non ha mai considerato la Lombardia una regione qualunque e sui cui assessori vuole avere la supervisione. Sette posti alla Lega, quattro a Fi con il vice governatore e la presidenza del consiglio regionale e uno a Fratelli d'Italia sembra essere la formula che ha in mente il Carroccio e che, come ha detto Salvini, rispecchierebbe i numeri usciti dalla urne. Ma probabilmente la Gelmini punterà ad arrivare a cinque, riducendo a sei i leghisti.

Detto della Beccalossi, per ora l'altro punto davvero certo sembrano essere le deleghe ad Autonomia e Riforme istituzionali ritagliate sul professor Stefano Bruno Galli a cui piacerebbe anche recuperare uno sconfitto della Lista Fontana come l'assessore allo Sport Antonio Rossi. Rimanendo nel campo leghista, l'ossessione di Salvini è un super assessorato alle Politiche sociali da separare dalla sanità e che magari comprenda inclusione sociale e Casa. Destinatario Fabio Rolfi (in quel caso capogruppo della Lega in consiglio sarà il bravo Pietro Foroni) o l'ex presidente della Provincia di Sondrio Massimo Sertori. Per le quote rosa il nome forte sarebbe l'ex assessore alla Cultura della Provincia di Varese ed ex consiglio d'amministrazione Rai Giovanna Bianchi Clerici davanti alla super votata Francesca Brianza e a una magari recuperata, nonostante l'elezione in parlamento, della salviniana Claudia Terzi. Più difficile, ma non escluso il ritorno dell'assessore Cristina Cappellini che ha condotto ottime battaglie contro la persecuzione dei cristiani nel mondo e in difesa dei valori della famiglia tradizionale. Posti in giunta ci potrebbero essere per Giacomo Stucchi in arrivo dalla presidenza Copasir, il Comitato parlamentare di controllo dei servizi di informazione, per l'imprenditore Gianmarco Senna e per il parlamentare di lungo corso Davide Caparini. Ma a Caparini si dice non dispiaccia il posto di segretario generale di Antonello Turturiello, uno che non si piglia troppo con Salvini, ma che invece è uomo di assoluta fiducia di Fontana che lo volle segretario del consiglio regionale di cui fu presidente nel 2000. Come adire che alla guida della macchina regionale Fontana vuole assolutamente un uomo di super fiducia. In questo caso a Caparini potrebbe toccare il ruolo chiave di capo segreteria del governatore, occupato oggi da Giacomo Ciriello. In alternativa ci sarebbe Lucio Brignoli, anima della campagna elettorale con cui Fontana ha schiantato, doppiandolo, Giorgio Gori.

In casa Forza Italia il nome nuovo è la giornalista economica e direttrice del Dipartimento Innovazione della Cisl Benedetta Cosmi che piace alla Gelmini. Per lei assessorato al Lavoro. Sorpresa, invece, dal riconteggio delle schede che ha escluso dal consiglio l'erede di casa Romani Federico a favore di Paola Romeo, figlia del sindaco di Limbiate Antonio. Come a dire che i figli sono siempre piezz'e core. La conseguenza è che il super votato ras della Brianza Fabrizio Sala non farà molta fatica a rifiutare quel posto di presidente del consiglio regionale che gli volevano appioppare, perché in questo caso Romani resterebbe fuori. Dovesse diventare assessore, il nuovo regolamento regionale ne imporrebbe una sospensione da consigliere che aprirebbe le porte dell'aula all'illustre rampollo. Da questa posizione di forza, Sala chiede deleghe pesantissime alle Attività produttive, Internazionalizzazione oppure Economia. La presidenza del consiglio andrebbe ad Alessandro Fermi votatissimo a Como.

Sembra cosa fatta per il super votato Giulio Gallera la riconferma di prestigio alla Salute che da sola spende l'80 per cento del bilancio. Referenza, aggiunta al fatto di essere donna e avere quindi quello che sembra ormai essere diventato un lasciapassare per i Palazzi della politica, che potrebbe consentire un ingresso in giunta alla battagliera Silvia Sardone. Sembra fuori discussione anche l'arrivo di un uomo di assoluta fiducia della Gelmini come il sindaco di Sirmione Alessandro Mattinzoli. In corsa Gianluca Comazzi che completerebbe la pattuglia «gelminiana» e Fabio Altitonante. Le promozioni ad assessori per Gallera e Sardone, farebbe scattare il ripescaggio del sindaco di Paderno Dugnano Marco Alparone e di Alan Christian Rizzi. Dovesse spuntare anche un posto per gli ex alfaniani, è chiaro che in cima alla lista c'è Raffaele Cattaneo dopo che Luca Del Gobbo è entrato in aula. Dovesse saltare il patto con Cattaneo, con Del Gobbo assessore a essere ripescata sarebbe la bravissima Deborah Giovanati, assessore in Municipio 9 capace di incassare quasi 6mila preferenze.

Piazza d'Armi in vendita: così prende quota il progetto di casa Inter

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Lo Stato apre un bando lampo per l'area. E il Comune è pronto a correggere il Pgt

L'ipotesi della nuova casa dell'Inter a due chilometri da San Siro prende forma. Già mesi fa era circolata la notizia di trattative in corso tra i nerazzurri e lo Stato per la cessione di una porzione di circa 35 ettari della Piazza d'Armi a Baggio, in zona Forze Armate. Il club vorrebbe archiviare la Pinetina e realizzare l'«Inter Media House» vicino allo stadio, con dieci campi da calcio per gli allenamenti della prima squadra e dell'Inter Primavera, un centro specializzato in medicina sportiva, un albergo, negozi. Ieri il fondo di valorizzazione dei beni immobili dello Stato, Invimit, ha ufficialmente lanciato la vendita dell'area e i tempi per depositare le offerte sono strettissimi: scadenza alle ore 12 dell'8 maggio. Invimit comunica sul sito di aver «avviato la procedura per la vendita dell'ex deposito con magazzini ad uso militare completamente in disuso denominato Magazzini di Baggio e dell'area incolta denominata Piazza d'Armi. Si tratta di due compendi con una superficie complessiva di circa 38,7 ettari con un potenziale edificatorio di circa 270 mila mq conferite nel Fondo Sviluppo Italia Comparto nel luglio 2016». Viene rimarcata la distanza d 6 chilometri dal centro, di 3,5 dalle autostrade, 700 metri dal metrò, 14 km dall'aeroporto di Linate e la «presenza di molteplici servizi quali l'ospedale San Carlo Borromeo e il parco delle Cave». La vendita è suddivisa in due lotti. «L'Inter è molto determinata sia a lavorare su San Siro che a portare il centro di allenamento a Milano - commentava nei mesi scorsi il sindaco Beppe Sala -. Stiamo pensando a Piazza d'Armi, soluzione che noi vediamo molto favorevolmente perché porterebbe verde. Chiederemmo di lasciare uno spazio alla città». Nel 2015 è già stato depositato in Comune anche un progetto di quartiere eco-sostenibile firmato da Leopoldo Freyrie, con 4mila alloggi e il 67% della superficie a parco pubblico, ma è stato osteggiato dai comitati di quartiere. Poi è subentrata l'ipotesi Inter, che garantirebbe più verde. L'assessore all'Urbanistica Pierfrancesco Maran non si sbilancia, ma nota che il bando «può essere una buona opportunità per ridurre le volumetrie attualmente previste su quelle aree di 428mila mq tra la caserma attuale, via Forze Armate, via Olivieri, via Tosi. Attualmente la proprietà ha diritti edificatori riconosciuti a mio avviso molto rilevanti, ma sono riconosciuti. Consentono di edificare circa 300mila mq, di cui la metà a housing sociale, con l'obbligo di cedere metà delle aree a verde». É emersa «la possibilità di avere una drastica riduzione, destinando 3/4 delle aree a verde e impianti sportivi di natura privata». Il bando apre infatti alla doppia opzione: non solo la cessione integrale con gli attuali indici ma anche un'offerta che esclude residenze e apre a funzioni produttive e negozi su un'area ridotta. Un piano che «non attuabile senza una modifica delle regole su Piazza d'armi» precisa Maran, ma «se la proprietà presenterà una proposta di variante, il Comune avrà il compito di valutarla. Questo avverrà non solo a livello di giunta ma con il voto del Consiglio». Invimit corre: nelle ultime settimane ha accelerato le attività di bonifica dall'amianto, i carotaggi per le bonifiche dei terreni e chiesto la demolizione dei magazzini non vincolati e oggetto di occupazioni. Un alleggerimento dei costi per il futuro proprietario.

Aerotaxi, grandi evasori. La lente della Finanza su oltre duemila voli

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L'indagine riguarda le imposte non pagate. Nel mirino delle Fiamme gialle 235 società

Un evasione fiscale da 640mila euro che coinvolge ben 235 società di aerotaxi con base anche a Malpensa che avrebbe permesso ad alcune compagnie aerotaxi di praticare prezzi vantaggiosi rispetto alla concorrenza. Tuttavia non è possibile attestare se i passeggeri e tutte le compagnie aeree fossero o meno a conoscenza della tassa da pagare.

L'evasione è stata quella scoperta dai militari della guardia di finanza dell'hub varesotto attraverso l'operazione «Aerotax», che ha consentito di individuare il mancato pagamento dell'imposta erariale gravante sui voli dei passeggeri di aerotaxi, ossia voli non di linea effettuati con velivoli aventi una capienza totale non superiore a 19 posti.

L'attività svolta ha permesso di appurare che le società di Aerotaxi coinvolte, nel periodo esaminato (ovvero dal 2013 al 2017) hanno effettuato, in arrivo e partenza dall'aeroporto di Milano-Malpensa, oltre 2mila movimenti aerei (più della metà dei quali rilevanti ai fini dell'imposta), per uno spostamento totale di oltre 6mila passeggeri, omettendo di versare l'imposta dovuta. L'attività ha consentito di constatare un'evasione di imposta pari a circa 640mila euro. Se le società non pagano, c'è il rischio che vengano bloccati e sequestrati gli aeromobili.

L'aerotaxi è un sistema di trasporto diffuso e utilizzato in sostituzione dei voli di linea. L'imposta in questione è a carico del passeggero dell'aerotaxi, che deve corrisponderla al vettore aereo in relazione a ciascuna tratta con partenza e/o arrivo sul territorio nazionale e/o estero e l'importo varia tra i 100 e i 200 euro, in base ai chilometri percorsi.

Le violazioni sono state accertate attraverso una minuziosa ricostruzione effettuata dalle Fiamme Gialle, che ha visto i militari impegnati in una complessa analisi comparata tra i vari documenti di viaggio compilati dalle società di handling e i dati relativi ai versamenti effettuati a favore delle casse dello Stato. A fronte delle imposte evase, i finanzieri hanno contestato alle compagnie aerotaxi sanzioni amministrative per un totale di 192mila euro.

I «furbetti» degli aerotaxi erano già stati smascherati lo scorso luglio durante una grande operazione dei militari della guardia di finanza della compagnia di Tessera (Venezia). Quest'estate in Veneto erano stati recuperati 2 milioni di euro di tasse evase, grazie. Le Fiamme Gialle hanno controllato infatti i 600 vettori che negli ultimi due anni hanno usato come aeroporto di arrivo o partenza il «Marco Polo» senza versare il becco di un euro per i clienti trasportati.

L'attività dei baschi verdi veneti, oltreché consentire il recupero dell'imposta evasa o non versata nell'ultimo biennio, per oltre 2,2 milioni di euro, ha avuto anche l'obiettivo di contrastare la concorrenza sleale tra operatori del settore, considerando il vantaggio ottenuto da quei vettori che sistematicamente hanno omesso di versare il tributo erariale, riuscendo così, anche in questo caso, a offrire viaggi a prezzi più vantaggiosi.

Tutti alla maratona per aiutare la piccola Nicole

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A luglio negli Usa sarà operata per la malformazione alla gamba. Ma mancano 190mila euro

Si chiama ipoplasia femorale acuta e imimelia fibulare. Terminologia medica estremamente tecnica e complessa, di solito fa rima con rarissima malformazione non facilmente operabile. Ed è proprio quella di cui soffre alla gamba destra una bella bimba di 18 mesi residente a Cantù (Como), Nicole. La madre, la 39enne Sabrina, durante una visita fatta la trentottesima settimana di gravidanza all'ospedale di Vimercate - pochi giorni prima che la piccola venisse al mondo e dopo che lei, la madre, si era sottoposta regolarmente a ecografie e controlli senza che emergessero mai problemi - ha scoperto che Nicole aveva un femore più corto dell'altro del 50 per cento. Al San Raffaele non solo a Sabrina e al marito viene confermata la dissimmetria del femore destro della nascitura, ma anche altre possibili malformazioni. Nicole nasce il 4 luglio 2016 e infatti non solo ha un femore più corto, ma anche un ginocchio che non estende, quindi le mancano il perone, metà piede e due dita. La malformazione la costringe all'uso del tutore per la faticosissima deambulazione che sollecita continuamente la colonna vertebrale e le articolazioni.

«Dopo aver pregrinato da specialisti di tutta Italia, capiamo che nessuno può garantirci una cura, una operazione efficace - spiega Sabrina -. Solo il professor Maurizio Catagni di Lecco ci ha ridato speranza, mettendoci in contatto con il suo collega Dror Paley, dell'istituto Paley di Palm Beach, in Florida. Lo abbiamo incontrato. Per guarire Nicole dovrà sottoporsi a 5 interventi. Il primo, a luglio, durerà otto ore e richiede tre mesi di degenza. Solo per l'operazione servono 232mila dollari, circa 220mila euro, una grossa cifra di cui l'Ats può garantire solo in parte e non subito la copertura».

Così Sabrina e il marito hanno fondato la onlus Acme (Alleanza contro le malformazioni degli arti) che la donna gestisce su Facebook e dove troverete tutte le informazioni. Finora ha raccolto 30mila euro. Il 19 maggio a Milano ci sarà una maratona per aiutare Nicole, ma il traguardo è lontano. Le diamo una mano?

Ragazzi senza fissa dimora in campo: la solidarietà mette la palla al centro

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Achini, presidente Csi: "Loro hanno già vinto in partenza"

Ad aprile prenderanno il via i tornei primaverili di calcio a 7, quest'anno con una novità in più: per la prima volta si iscriverà anche una squadra formata unicamente da ragazzi ospiti della Casa di Accoglienza Enzo Jannacci di Milano. La «El Me Indiriss, Ortles69(nella foto) è composta unicamente da giovani senza dimora provenienti da varie realtà, come Afghanistan, Costa d'Avorio, Egitto, Eritrea e ospitati dalla Casa di Accoglienza sita appunto in viale Ortles 69, da cui il nome della squadra. Si allenano con impegno ogni lunedì sera sul campo dell' ASD Fortes in Fide che li ha accolti con entusiasmo, presso l'Oratorio San Luigi Gonzaga. Il progetto rinnova sicuramente una consapevolezza: lo sport ha un linguaggio universale, in grado di superare barriere invalicabili, promuovendo e diffondendo valori fondamentali come merito, impegno ed uguaglianza. Soddisfatto il presidente Massimo Achini: «Sono davvero orgoglioso del fatto che ai nostri campionati si siano iscritti gli «El Me Indiriss Ortles69». Non faccio torto a nessuna delle oltre 2000 partecipanti se dico che questa squadra ha già vinto prima ancora di iniziare a giocare. Portare un pallone a tutti è il nostro sogno e loro ne sono la dimostrazione. Lo stesso discorso vale per la squadra Beccaria che parteciperà per la prima volta ai nostri due campionati, e per le squadre del carcere di San Vittore e Monza, ormai veterani.

Fare squadra (e impianti): Perri apre le porte del Coni

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Il presidente regionale pronto ad incontrare le società. Per i centri sportivi Milano è la Cenerentola lombarda

Le squadre che fanno squadra piacciono anche a Oreste Perri. Il grande ex canoista presidente del Coni Lombardia spalanca le porte del suo ufficio alla proposta uscita dalla tavola rotonda del Giornale sulle squadre degli sport alternativi, alla ricerca di un fronte comune che consenta di avere più visibilità. «È la nostra missione: aiutare le società, gli atleti, le famiglie... Qui al Coni c'è gente che vuole quello che vogliono loro. Possiamo incontrarci e vedere che cosa possiamo fare».

Perri può parlare anche dall'alto del recente trionfo olimpico: in fondo le tre medaglie d'oro della spedizione azzurra a PyeongChang, firmate da tre ragazze lombarde, Arianna Fontana, Sofia Goggia e Michela Moioli, fanno idealmente bella mostra nelle stanze di via Piranesi. E il presidente ne è orgoglioso: «Anche se c'è un altro risultato che mi dà grande soddisfazione, ovvero il primo posto della Lombardia al Trofeo Coni 2017, una specie di miniolimpiade delle regioni italiane riservata agli under 14, ai ragazzi in età da scuole medie per intenderci. Qui si vede il lavoro fatto alla base del nostro movimento. La Lombardia rappresenta il 23 per cento dello sport italiano, eppure non abbiamo un centro sportivo all'altezza di quello che produciamo. Servirebbe portare il Saini almeno ai livelli dell'Acquacetosa...».

E invece Milano naviga in mezzo a veri e propri ruderi, una delle spine nel fianco di Perri e del Coni. «L'idea di fare squadra è bella, ma dobbiamo giocare di squadra anche con le istituzioni: solo così possiamo provare a risollevare la situazione degli impianti. La condizione in cui ci troviamo oggi è la conseguenza di quanto non è stato fatto per tanti anni. Ma se ai miei tempi lo sport viveva sul campionismo, adesso ha soprattutto un ruolo sociale. E noi lo portiamo nelle zone disagiate, nelle carceri, nelle scuole elementari, ma abbiamo la necessità di avere degli impianti all'altezza. Purtroppo Milano è la cenerentola della Lombardia: noi in regione abbiamo censito 16mila impianti, ma la maggior parte sono risultati obsoleti, in gran parte non a norma».

Da qui una richiesta agli amministratori: «Il Coni sta cercando di favorire accordi tra i Comuni e le federazioni per la gestione degli impianti, ma chi pensa a ristrutturarli? Non si può pensare che se ne facciano carico le federazioni. E i Comuni non possono scaricare tutto sugli assessori allo Sport, perchè lo sport è anche salute, è turismo, è educazione, è territorio. In sostanza tutta l'amministrazione deve essere coinvolta, deve avere una cultura sportiva. Anch'io ho fatto il sindaco a Cremona e ho sempre tenuto presente una cosa: che su ogni euro speso per lo sport, ne recuperi 4 in costi sociali».

Milano naviga male in fatto di impianti, ma anche a risultati sportivi non sta brillando particolarmente... Una vittoria internazionale di una squadra milanese manca da anni e non ci sono nemmeno atleti che stiano ottenendo risultati particolari: «A Milano si è puntato sempre sulla vetrina - continua Perri - e poco sul resto. Ma per far tornare al vertice gli altri sport c'è bisogno di strutture. Non solo per i risultati, ma per avere posti accoglienti che avvicinino allo sport i ragazzi e le famiglie. C'è una forte richiesta dalla base, ma ripeto: la soluzione a questi problemi deve essere condivisa da tutta la Giunta». E serve anche la sensibilità del sindaco: «Sala è venuto all'incontro con Maroni e Malagò per sbloccare la situazione del Saini. E con l'assessore Guaineri c'è sintonia: con lei stiamo cercando di delineare la strada da percorrere nei prossimi anni. Purtroppo Milano ha lasciato indietro troppe cose». I club milanesi però hanno fretta, hanno bisogno di un riconoscimento delle loro eccellenze da parte del Coni per potersi proporre con un marchio di qualità: «Mi sembra una proposta eccellente che condivido, però bisogna anche passare dalle federazioni perchè le cose devono essere fatte per bene. Soprattutto dobbiamo essere ben organizzati per presentarci davanti alla politica. E remare tutti assieme. Quando facevo l'allenatore, ai miei ragazzi dicevo sempre una cosa: ricordatevi che un K4 di modesti canoisti va sempre più forte del K1 campione del mondo...»


Ciclismo, al Museo del Ghisallo una mostra sulla Milano-Sanremo

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Tra i cimeli anche la maglia della sesta vittoria di Merckx

Riapre il museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo per una nuova stagione museale. Una serie di eventi, rassegne, manifestazioni che arrivano dopo la bella scorpacciata del #NibaliDay. E' atteso un altro grande campione a far visita speciale e a dedicare il suo tempo ai cimeli e alla gente che si riconosce nella Casa dei Ciclisti come l'ha voluta Fiorenzo Magni: si tratta dell'olimpionico e iridato Paolo Bettini. Il calendario degli eventi sarà svelato presto. Ma una novità può essere annunciata subito anche se suona strana perché non tira proprio aria di Primavera né al Museo del Ghisallo né altrove: per tutto il mese, una mostra fotografica che attinge sapientemente dall'archivio prezioso delle immagini del grande Vito Liverani, della famiglia Torriani e dell'archivio de La Gazzetta dello Sport, sarà la rassegna dedicata alla Milano Sanremo, patrocinata dalla corsa monumento che è in programma sabato 17 marzo 2018. In occasione della Milano Sanremo, inoltre, Museo del Ghisallo, aderendo ad una speciale iniziativa del Museo AcdB, con cui è gemellato ad Alessandria, ha messo a disposizione di una temporanea ospitata prima ad Alessandria e poi al Casinò di Sanremo, uno dei pezzi più forti della collezione maglie del Ghisallo: si tratta della maglia iridata con cui il Cannibale Eddy Merckx vinse la sesta delle sue sette perle a Sanremo eguagliando, nel 1975, Costante Girardengo autore di sei successi, che supererà vincendo la settima classica di Primavera l'anno successivo, nel 1976. La maglia di Eddy Merckx è un prestito al Ghisallo di Rossana e Roberto Albani.

La chitarra di Mazzini rivive grazie a due Rotary

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Sono milanesi le due società rotariane che hanno consentito il ripristino dello strumento

Due Rotary milanesi insieme per un progetto dedicato ad un capitolo particolare della storia d'Italia: il rapporto tra Giuseppe Mazzini (1805/1872) e la musica. Grazie alla sinergia delle due società è stata restaurata una delle chitarre che fu del noto pensatore, attualmente custodita alla Domus Mazziniana di Pisa.

Esistono altre due chitarre che appartennero al patriota risorgimentale, una di esse è conservata all'Istituto Mazziniano di Genova e l'altra è di proprietà del maestro Marco Battaglia.

La chitarra pisana, che ha ritrovato il suo suono originario grazie al contributo dei Rotary Club di Milano Naviglio Grande San Carlo e di Milano Borromeo Brivio Sforza, era della madre del fondatore della Giovine Italia e su di essa Mazzini si cimentò con i primi esercizi, sviluppando un amore per la musica che lo accompagnerà per tutta la vita. Questo tratto meno noto della sua personalità sarà al centro del programma di iniziative per l'apertura dell'anno della Domus Mazziniana in coincidenza con il 146° anniversario della sua morte, avvenuta a Pisa il 10 marzo del 1872. Oggi, alle ore 16, nella sede della Domus sarà ricollocata la chitarra restaurata, mentre nella Gipsoteca di arte antica si terrà la conferenza del maestro Liutaio Federico Gabrielli sul restauro dello strumento. In finale il concerto dal titolo «Sola favella comune a tutte le Nazioni», in cui il maestro Marco Battaglia si eserciterà nella prima esecuzione moderna con la chitarra appartenuta a Mazzini, eseguendo musiche di Niccolò Paganini, Mauro Giuliani e Johann Kaspar Mertz. Al concerto assisterà la ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Valeria Fedeli.

All'interno del pensiero di elevazione del popolo europeo, la musica era per Mazzini il simbolo di un'epifania di progresso, uno stato a cui sarebbe dovuto giungere una volta abbandonato il suo individualismo. L'amore per la musica di Mazzini è legato al suo impegno politico. Esperto soprattutto di chitarra, fu autore di un volumetto, un trattato di estetica musicale, «Filosofia della musica». Proprio da pochi mesi l'Inno di Mameli è stato finalmente designato Inno d'Italia. Ebbene le prime critiche al Canto degli Italiani furono rivolte a Mameli proprio da Giuseppe Mazzini , che considerava il ritmo dell'opera troppo poco marziale . Contestava anche il testo, tanto che commissionò nel 1848 un nuovo brano a Mameli, dando l'incarico a Verdi di musicarlo. Il titolo del nuovo brano era «Suona la tromba . Il testo della prima strofa del componimento musicale recitava: «Suona la tromba / ondeggiano le insegne / gialle e nere / Fuoco! perdio / sui barbari / sulle vendute schiere / già ferve la battaglia / al Dio dei forti, osanna! / le baionette in canna / è giunta l'ora di pugnar!» . Ma Mazzini bocciò anche questo.

Il maestro dei dolci ora sbarca a Milano: Massari apre in Duomo

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Il nuovo locale del celebre pasticcere e volto televisivo sarà in una filiale Intesa Sanpaolo

Milano e Iginio Massari: un incontro che promette bene. Il pasticcere di fama internazionale, da molti considerato il più grande in Italia, sbarca in città. E apre il primo locale fuori dalla sua Brescia, dove nel 1971 ha fondato la Pasticceria Veneto. Lo fa a due passi dal Duomo, in via Marconi all'angolo con piazza Diaz, all'interno della filiale di Intesa Sanpaolo. L'appuntamento con il pubblico è per il prossimo mercoledì.

Sono tante in questi mesi la nuove aperture milanesi, tra ristoranti, pasticcerie, bar. L'approdo di Massari però è da non perdere per chiunque ami i dolci. Massari sta alla pasticceria come Carlo Cracco sta ai fornelli. È fondatore e presidente onorario dell'Accademia dei maestri pasticceri italiani (Ampi) e primo membro italiano dell'associazione internazionale «Relais Dessert» che riunisce i migliori pasticceri del mondo. Il suo locale bresciano è stato dichiarato dal 2011 a oggi la migliore pasticceria d'Italia dal Gambero Rosso. Iginio Massari è anche un personaggio televisivo, ospite fisso di Masterchef e protagonista di The Sweetman e The Sweetman Celebrities, sempre su Sky.

«Da tantissimi anni - dice Massari - i miei clienti mi chiedevano di aprire una pasticceria a Milano e la proposta di Intesa Sanpaolo è arrivata nel momento giusto. Qui si potrà trovare un'ampia selezione delle mie creazioni: dalle monoporzioni, ai macaron, dalle torte alle praline. In questa nuova avventura avrò al mio fianco i miei figli, che da anni lavorano con me. Debora, nutrizionista ed esperta di pasticceria, e Nicola». Come sarà il nuovo tempio dell'alta pasticceria, aperto sette giorni su sette, con un ingresso indipendente dalla filiale e laboratorio a vista affacciato sulla strada, lo spiega l'architetto Andrea Stramigioli: «Un ambiente accogliente pensato per il maestro pasticciere Iginio Massari il quale approda a Milano portando i sapori e i colori della sua grande esperienza rivisitata in chiave contemporanea. L'attenzione e la cura delle materie prime in cucina si affianca al gusto estetico ricercato dal sapore internazionale ideato da Stramigioli Associati. La scelta di materiali preziosi e silenziosi è alla base del progetto che si pone come obiettivo quello di divenire una galleria espositiva di opere d'arte culinarie». Ai 120 metri quadrati dell'interno si aggiungeranno i 30 di dehors.

È la prima volta in Italia che una «boutique del dolce» entra in banca. Sottolinea il responsabile della Direzione marketing banca dei territori di Intesa Sanpaolo Andrea Lecce: «Dopo diverse iniziative di condivisione che hanno aperto le nostre filiali alla moda, alla musica e a tanti momenti artistici e culturali, da oggi con il maestro Massari proponiamo una nuova esperienza di stile e gusto, in una collaborazione che ci rende particolarmente orgogliosi di un cambiamento culturale in Italia».

Bolle debutta nel Bolero: "È un sogno che s'avvera"

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Stasera alla Scala la stella della danza italiana si cimenta in un'opera "conturbante e ipnotica"

C'è curiosità per «Mahler 10», il balletto nuovo di zecca creato dalla coreografa canadese Aszure Barton per un pugno di ballerini del teatro alla Scala, tra cui Virna Toppi e Antonino Sutera. Ma ciò che più intriga dello spettacolo di stasera alla Scala, che sarà in replica fino al 12 aprile, è il debutto di Roberto Bolle nel celeberrimo Bolero di Ravel. Finalmente lo vedremo danzare sul tavolo (in genere rosso) di Maurice Béjart, mosso dalla melodia conturbante e ipnotica, ripetuta 17 minuti, in crescendo fino all'esplosione finale. Con il Bolero di Ravel, su coreografia di Bejart, si chiude il trittico di danze che comprende Mahler 10 e Petite Mort di Jíri Kylián su musiche di Mozart.

«Da anni desideravo interpretare questo ruolo, ma non si era mai presentata l'occasione. Ora è arrivata» spiega Bolle. Che definisce la creazione di Béjart semplicemente «geniale. Come nessun altro, è riuscito a dare senso alla musica con pochi elementi. Per questo il suo è un lavoro immortale e iconico, con una forza che non si ritrova in nessun altro Bolero. Altri hanno provato ad avvicinarsi a questa musica, ma nessuno è riuscito con questa forza ed efficacia». In Bolero, che Ravel scrisse su misura di Ida Rubinstein, non si narra alcunché: è un concentrato di erotismo, sensualità e forza fisica che, sprigionata dall'alto di quel tavolo, ha il sapore di un rito. Impressionante anzitutto per l'artista stesso.

Bolle ammette che con Bolero passare dalla sala prove al palcoscenico ha un sapore diverso dal solito. «Quando sali su quel tavolo e si apre sipario, senti che sta per succedere qualcosa di speciale». È un ruolo che si prende tutte le energie, e se le prende in un «crescendo ossessivo di musica e ritmo di danza.

È difficile sia a livello fisico sia stilistico anche perché l'erotismo e gli elementi animaleschi non devono prevalere sulla bellezza e la pulizia della coreografia. Bisogna tener presente questo equilibrio», chiude Bolle.

Mahler 10 è una creazione in prima assoluta che la coreografa Barton ha cucito su misura di alcuni ballerini scaligeri seguendo l'Adagio della decima Sinfonia di Mahler.

Anche questo non è un balletto narrativo, ma un percorso emozionale. I ballerini traducono in gesti i momenti chiave delle proprie vite, Toppi spiega che ripeterà un movimento che allude alla malattia della madre, mentre Sutera ricorderà i giochi col fratello, la nascita della figlia.

Il tutto in uno spazio circolare e luminoso, avvolgente come le melodie mahleriane.

L'arte poetica del Pulcino nell'editoria di Casiraghy

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Ben 200 opere, omaggio del tipografo brianzolo a scrittori e cantautori, in mostra alle Stelline

Alda Merini, o «l'Alda» come la chiama lui («ma bisognava avere il permesso per chiamarla così eh, sennò si arrabbiava. A molti diceva: chiamatemi signora Merini»), è l'autrice più presente con letterati, giornalisti e artisti di spicco come Giovanni Testori, Fernanda Pivano, Edoardo Sanguineti, Bruno Munari e illustri stampatori milanesi come Adriano Porazzi, o cantautori come Fabrizio De Andrè, Elio e le storie tese o Enzo Jannacci. Il mondo di Alberto Casiraghy (la y finale è un «piccolo vezzo» come ama dire lui) e la sua casa editrice Pulcino Elefante è quanto di più ampio, spontaneo e immediato esista. Il Refettorio del Palazzo delle Stelline in corso Magenta 59, rende onore ai due fogli di carta a mano rilegati con un filo di spago al centro che compongono ogni libro della casa editrice Pulcino Elefante, rende onore alla Signora Nebiolo, ovvero la stampante a caratteri mobili con cui Casiraghy stampa su ogni Pulcino un breve componimento, aforisma o poesia, e rende omaggio alle migliaia di opere d'arte, uniche per ogni libretto, che costituiscono la seconda pagina di ogni numero.

Prosegue fino al 31 marzo la mostra «I Pulcini di Casiraghy. Tipografia e poesia», a cura di Andrea Tomasetig che propone una selezione di oltre 200 sui 10mila libretti che Casiraghy ha finora realizzato ad Osnago, dove è nato e vive. Il percorso è diviso in tre sezioni: la Filosofia della vita, gli Amici e le Arti (poesia, musica, arte, gastronomia, tipografia, libri) ed è arricchita con gli strumenti de lavoro tipografico (caratteri, matrici xilografiche, cliché) e con documenti originali (fotografie, disegni, lettere, manifesti, oggetti e curiosità). Completa la mostra una sala dedicata alla proiezione del film documentario Il fiume ha sempre ragione, di Silvio Soldini. Si narrano le vicende di Casiraghy e Josef Weiss, accomunati dalla passione tipografica. Nel 1982 alla nascita dell'editrice, Casiraghy affianca e poi abbandona il suo lavoro di tipografo: «Inizialmente facevo pochissime edizioni, poi ho incontrato Alda Merini ed è cambiato tutto». I numeri aumentano, ma lo spirito rimane immutato: «Io vivo in modo un po' naif, una cosa si fa e basta: tutto deve nascere spontaneamente, l'importante è la libertà».

Creare un PulcinoElefante è un'esperienza indimenticabile. Casiraghy è aperto e curioso, affatto snob, generoso nel condividere la sua creazione. A Osnago si lavora al momento, chi disegna e chi scrive. Casiraghy è un editore di opere d'arte, ma a sentire lui «ogni libro è un dono: io sono il panettiere degli editori», come lo ha definito il grande editore Sheiwiller. «Ogni libro viene creato per passione, so che chi lavorerà con me per realizzarne uno lo farà per amore, come so che chi poi lo possiederà lo amerà e lo tratterà con riguardo».

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